La stagione 2010 della Nazionale Italiana di nuoto in acque libere è alle spalle e NAL ha il piacere di raggiungere il CT Massimo Giuliani per le considerazioni finali.
Lo scorso Maggio abbiamo intervistato un Massimo Giuliani che si definiva “cauto e moderato ottimista†e con l’intento di confermare il team azzurro tra le prime tre squadre a livello mondiale e tra le prime due a livello europeo.I risultati sono stati decisamente migliori, con il team azzurro primo ai Mondiali ed agli Europei.
Il Giuliani di Maggio forse non voleva sbilanciarsi con i pronostici?
Penso che ogni Allenatore abbia in cuor suo una vena anche minima di “superstizioneâ€. Io sono tra quelli, la vicinanza con il mio Vice Valerio Fusco (per chi non lo conoscesse è di Napoli) non mi aiuta certamente.
Al di là di questa nota scherzosa, debbo dire che un buon allenatore non si deve mai sbilanciare sui pronostici, in quanto l’esperienza insegna che non si debbono mai sottovalutare gli avversari (Shuan Tzu), in particolare se su campi gara diversi ed ognuno a suo modo insidioso.
Nonostante questo sapevo della forza del Nostro gruppo che scaturiva dal grosso lavoro fatto, non ho mai nascosto che avevamo ambizioni, che eravamo forti ma, permettetemi, non l’avrei mai detto due mesi prima della prima gara.
Guardando i risultati si nota che la Nazionale ha conquistato ottimi risultati su diverse prove con diversi atleti. Quale spiegazione dà a questi successi?
I risultati, quando si ripetono e sono di così alto livello, come ho più volte espresso, non possono che scaturire dal lavoro fatto.
Mi si conceda di sottolineare che se negli ultimi tre anni abbiamo dominato il palcoscenico europeo e mondiale non è frutto del caso.
Per ottenere simili risultati deve andare bene tutto o quasi. Ci deve essere la programmazione e la pianificazione , la scelta del tipo, periodo e durata dei collegiali nazionali, i periodi e gli elementi di controllo e valutazione, la scelta dei mezzi allenanti e la loro distribuzione all’interno del programma.
Non meno importanti è lo studio e l’applicazione di nuove metodiche allenanti più attinenti a questa disciplina ed alle varie distanze, che deriva sia dalla collaborazione con il Centro Studi Federale (ringrazio il Dott. Bonifazi ed il nostro medico federale Dott. Crescenzi per questo) sia dalla grande esperienza maturata sul campo da me e dal mio Vice Valerio Fusco.
Ricordo che a livello mondiale di questa disciplina siamo al momento gli allenatori con la più grande esperienza e probabilmente coloro che negli anni hanno ottenuto più risultati, portando al successo decine di atleti diversi.
Non dimentico come fattore determinante per questi successi anche la collaborazione con gli allenatori delle diverse società sportive, che condividendo il programma danno la necessaria continuità , quando le loro strutture lo permettono, anche durante i periodi di lavoro a casa.
Ancora una volta, la gestione del gruppo di lavoro (atleti, tecnici e staff) ha una grossa rilevanza nella serenità e serietà del lavoro.
Infine, va considerata la capacità che abbiamo assimilato e dimostrato, di saper selezionare gli atleti sulla base sia di elementi oggettivi ma anche di elementi soggettivi.
Può spiegarci la complessità di gestire un gruppo così eterogeneo e nell’averlo programmato per i Mondiali ed Europei, con campi gara diversi tra loro ed in un periodo ravvicinato?
Spiegare in breve la complessità di questa operazione è senza dubbio arduo. Vorrei quindi procedere solo ad elencare le categorie più importanti:
– la quantità del lavoro che ha creato le basi per uno stato di possibilità di performance molto esteso nel tempo;
– l’introduzione di determinate metodiche d’allenamento differenziate per la 25 la 10 e la 5 km
– la capacità acquisita dal gruppo di mantenere stati di concentrazione molto elevata per lunghi periodi di tempo, questa è una delle cose che meno si improvvisa.
Ci vogliono molti anni per costruire un gruppo di lavoro con queste caratteristiche ed anche molta esperienza per gestirlo, permettetemi qui di ringraziare il nostro psicologo Dott. Polani che mi ha sempre supportato dandomi le informazioni necessarie alla gestione del gruppo stesso.
Ha due aneddoti da raccontare delle due competizioni internazionali?
Per quanto riguarda il Canada ricordo con molto piacere le levatacce fatte a Montreal durante i primi giorni di collegiale, prima di trasferirci a Roberval, in cui ci alzavamo la mattina alle cinque per andare in piscina prestissimo. Avevamo l’acqua alle sei e trenta di mattina, solo che gli spostamenti per e dalla piscina richiedevano complessivamente ogni giorno due ore a piedi ed un’ora in metropolitana; così i ragazzi e noi dello staff dovevamo fare colazione in camera con cose che ci compravamo al market.
Ricordo con piacere questo periodo per la difficoltà logistica alla quale dovevamo adattarci, dove i nostri ragazzi non hanno detto mai nulla, nel quale “dormivamo in piediâ€, mai un lamento od un “uffa†ma bensì, esprimevano sempre grande spirito di collaborazione per affrontare le difficoltà .
Questa fu una delle chiavi di lettura da cui cominciammo a capire la determinazione di tutti nel raggiungere l’obiettivo e quando c’è, tutti gli obiettivi possono essere raggiunti.
Paradossalmente, spesso le condizioni facili demotivano e fanno perdere la voglia d’arrivare.
Per Budapest debbo dire che ricordo la grande collaborazione di tutti i tecnici, anche alcuni che non ho potuto convocare per evidenti motivi di numero. Sono venuti a loro spese, ma l’aspetto ancora per me stupendo ed importante, è che si sono messi a mia disposizione come se fossero stati convocati, rispettando orari e svolgendo per alcune mansioni. Eccezionale! Non li ringrazierò mai abbastanza.
Quale voto dà al gruppo della Nazionale nella stagione 2010?
Il voto che riserbo alla Nazionale è comunque molto alto, darei un bel 8 all’amalgama complessivo, un 10 alla determinazione del gruppo ed un 9 a quella dei singoli, un 9 ai risultati, un 9 agli allenamenti.
Come vedete non ho dato sempre 10 visto che dobbiamo ancora migliorare!
Come si è avvicinato a questa specialità natatoria e com’è cambiato il Giuliani di oggi da quello agli esordi?
Mi sono avvicinato a questa specialità nel lontano 1988 quando un giovane atleta di allora Roberto Merlini, che al momento svolge con successo l’attività d’allenatore, venne a cercarmi per allenarlo sulla 25 km e sulle maratone.
Mi si parò davanti un mondo nuovo, stimolante. Cercai di reperire le conoscenze per allenare questa disciplina anche oltre il mondo natatorio. Lessi i lavori svolti da La Mura nel Canottaggio, mi documentai sui programmi del ciclismo, su quelli del triathlon, ma sopratutto su marcia e maratona.
Mi posi tante domande e su queste basai tutta la costruzione dell’allenamento dal 1992 quando la Federazione Italiana Nuoto mi affidò la prima squadra.
In particolare mi feci la madre di tutte le domande (domanda che rivolgo con piacere anche a voi ed ai lettori di NAL): ma se un atleta che fa un 400 stile libero nuota ogni giorno minimo 13-14 km, quanto deve allenarsi uno che nuota in rapporto una distanza superiore a quella distanza di gara di 12 volte (per la 5 km), 25 volte (per la 10 km) e 60 volte (per la 25 km)?
Da allora ho appreso numerose cose, alle tante letture fatte, si sono aggiunte le centinaia e centinaia di gare di questo tipo a cui ho preso parte tra cui 11 Campionati del Mondo ed 10 Europei, la gestione di centinaia di convocazioni ed aver parlato e scambiato opinioni con decine e decine tra tecnici medici, atleti che si occupano di questo sport a livello mondiale.
Questo mi ha fatto cambiare molto sopratutto da un punto di vista professionale nella conoscenza e nella capacità di gestire le situazioni ed i gruppi di lavoro.
Su una cosa però non sono cambiato, nell’entusiasmo che avevo e che ho tutt’ora immutato, nella ricerca delle modalità con cui allenare questa splendida disciplina.
C’è qualcosa che cambierebbe o migliorerebbe del nuoto in acque libere di oggi?
A livello internazionale penso che si dovrebbe standardizzare maggiormente il livello organizzativo delle gare in acque libere.
So che la FINA, e sopratutto il nostro Presidente Paolo Barelli al suo interno, hanno sempre lavorato e stanno lavorando molto su questo tipo di problematiche ed ho fiducia che si arriverà a metodiche di controllo adeguate.
Per quanto riguarda l’Italia ritengo che ci sia bisogno di una maggiore integrazione tra il mondo del nuoto così come lo conosciamo e quello delle acque libere.
Non ci dovrebbero essere differenze, così un nuotatore avrebbe più opportunità di estrinsecare le proprie doti. Sto parlando al mondo degli sponsor, a quello dei media ed a quello dei colleghi allenatori. Qualcosa si sta muovendo, vediamo.
Quali pensa che siano i limiti ed i vincoli che determinano questa differenza della pratica tra il nuoto in vasca ed in acque libere in un territorio come l’Italia, circondato dal mare?
I limiti sono solo agonistici, il movimento sta comunque crescendo, anche perché il messaggio che i nostri grandi atleti del settore fondo stanno diffondendo è quello della serietà , della possibilità di arrivare all’eccellenza attraverso il lavoro e la programmazione.
Soprattutto attraverso la fiducia in sé stessi ed il piacere ed il divertimento che si prova nel fare le cose bene. Questa fiducia e questa passione mi contagiano e mi portano ad essere fiducioso per il futuro, qualche cosa sta cambiando.
Per quanto riguarda l’aspetto legato alla sicurezza, è vero siamo il paese continentale con il più alto numero di chilometri di coste in Europa e stiamo scontando a mio parere un combinato disposto sfavorevole: uno scarso numero di impianti natatori e una cultura della sicurezza in acqua, ma anche in montagna, che dovrebbe partire dalle agenzie formative primarie, come ad esempio dalla scuola.
La scuola deve educare, senza la conoscenza vera dell’ambiente, con le sue peculiarità e bellezze ma anche i suoi pericoli, penso che non si addivenga ad una educazione completa.
All’estero (America, Australia, Argentina, etc) a scuola si impara molto di più in questo senso, dalla conoscenza nasce il rispetto ed oltre alla sicurezza dell’uomo, dalla conoscenza dell’ambiente scaturisce la tutela e la salvaguardia dello stesso.
Detto questo però bisogna dare il giusto merito alla Federazione Italiana Nuoto che dall’alto dei suoi oltre 5 milioni di praticanti, si è mossa ormai da diversi anni non solo nell’aumentare i praticanti di base, obiettivo più che raggiunto se si pensa alla situazione di carenza impiantistica a cui prima accennavo.
La FIN ha altresì operato direttamente tramite le scuole nuoto il Settore Tecnico e sopratutto il Settore Salvamento nel promuovere politiche attive di sicurezza in acqua. Il risultato evidente è stato la diminuzione delle morti da annegamento negli ultimi anni.
A parte i risultati internazionali, come valuta il livello del nuoto in acque libere italiano?
C’è un movimento molto attivo, specie in campo master, manca ancora qualcosa nel settore agonistico, ma le ragioni sono da ricercarsi in quello che ho anzidetto.
Permettetemi di ringraziare ancora il mondo dei Master, che apprezzano più di tutti e vivono il piacere di nuotare a contatto con la natura, confrontandosi con sé stessi prima ancora che con gli altri.
Quando gareggiamo all’estero sentiamo questa loro forza ed il loro appoggio. Grazie!
Quando iniziare e cosa consigliare all’atleta che desideri avvicinarsi a questa specialità ?
Direi che ci si avvicina a questa disciplina da piccoli, attraverso il contatto con la natura e la curiosità che questo rapporto ingenera, facendo nuotare i nostri figli nelle splendide acque dei nostri mari e laghi, ma anche semplicemente avvicinandoli all’ambiente che li circonda impartendo le giuste nozioni di sicurezza.
Suggerirei d’apprendere a nuotare bene in piscina nelle Scuole Nuoto Federali e di intraprendere una sana carriera agonistica. Il seguito è compito degli colleghi allenatori, che debbono conoscere questa disciplina, le caratteristiche, il modo di allenarla ma sopratutto debbono essere consapevoli che questa potrebbe essere una valvola di sfogo od una ulteriore opportunità per far gareggiare i propri ragazzi.